martedì 31 marzo 2015

«R.O.M.» (Nexus, 2015) - break dance + videoart (+ note di regia)



Venerdì 10 Aprile alle 19.00 sono tornato in strada con R.O.M., la performance di break dance e videoarte ideata nel 2013 per il Perepepé Fest di Pesaro. Ad accogliermi, la cornice di Largo Spartaco e del Boomerang Fest, quest'anno intitolato "un urlo di seppellirà". Qui di seguito alcuni appunti di regia. Qua sopra il video, qua sotto alcune note di regia. Buona esperienza.

***

Nel linguaggio informatico ROM è l'acronimo di Read Only Memory, memoria di sola lettura. Un cd-rom è una memoria di sola lettura: possiamo leggerne il contenuto quante volte vogliamo, ma non possiamo modificarlo. Nella lingua romanés, «rom» significa «essere umano» ed indica una cultura e un popolo attualmente migrante e disperso. Roma è rom: una città composta da esistenze disperse e vissuta in sola lettura.

Via dell'Acquedotto Felice: qui passa la prosecuzione medievale dell'antico acquedotto romano, qui emergono i "ragazzi di vita" inchiostrati da Pasolini. Qui le ruspe hanno sgomberato le baracche di cartapesta costruite sotto agli archi austeri, assolvendo quel tentacolo di villette abusive abbarbicato lungo il medesimo tratto murale. Da qui si prosegue lungo via del Mandrione, verso Porta Maggiore; da qui si evade al Parco degli Acquedotti, cumulo di storie e temporalità sovrapposte: dove prima scorreva l'acqua, ora fluttuano i droni.


Il Colosseo, l'Arco di Costantino, il colonnato di San Pietro: essi sono luoghi inesistenti. L'inumano desiderio alla conservazione li ha schermati fra maglie metalliche, impalcature e framezzi. Essi sono diventati spazi di sola lettura, epitaffi di un futuro inaccessibile cementificato dalla nostalgia artificiale per un passato glorioso. Questi luoghi, come la nostra memoria, sono sempre "sotto impalcatura".

Qual è la differenza fra un ricordo rievocato nella nostra mente e quello generato dalla passeggiata in un vecchio quartiere? Nessuno. Entrambi sbocciano improvvisi nella nostra coscienza. Ne percepiamo il risultato finale ma non siamo mai partecipi del processo cognitivo che li sottende. La nostra esistenza è intimamente incastrata con il corpo e l'ambiente in cui siamo immersi e in cui re-agiamo. Attraversando la città noi estendiamo e contraiamo noi stessi, continuamente. L'acquedotto è stato il prolungamento del nostro sistema di ossigenazione sanguigna, lo scheletro che proteggeva le funzioni vitali dei senzatetto, i resti di pelle che attestano la vita vissuta dai nostri antenati.

Esistiamo, in quanto parte di un archivio collettivo che non è destinato all'accumulazione di materiale "di sola lettura", ma alla genuina e partecipativa formazione e trasformazione.

Siamo rom, e molto di più.
         

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