venerdì 30 agosto 2013

#CommuniaResiste: tutto è [responsabilità] di tutti


Lo scorso 16 agosto le forze dell'ordine sgomberano Communia, il luogo di mutuo soccorso sociale nato dalle ceneri delle ex-fonderie Bastianelli di San Lorenzo. Sirene, sfrigolio di pneumatici e scalpiccìo di stivali. Un esercito di poliziotti muove all' assaltano del "forte Apache" di via dei Sabelli, presidiato da un massiccio numero di occupanti (sette) che vengono prontamente denunciati. Nel frattempo gli operai dell'azienda proprietaria dello stabile, scortati da vigilantes privati, provvedono a distruggere i sanitari e, il giorno seguente, a murare le finestre. Omnia sunt privatis.

Ma il quartiere non ci sta: svegliato dal torpore estivo, San Lorenzo convoca un'assemblea e organizza una strategia di controinformazione. L'altro ieri, 28 agosto, una moltitudine di circa cinquecento persone si raduna all'incrocio blindato fra via dei Sabelli e via dei Ausoni, dibatte e poi sfila in corteo. "Scendete, questa cosa riguarda tutti", "Torniamo subito!", "Ci si vede il 7 settembre" - si grida al megafono. Il 7 settembre la collettività si riapproprierà della location di Communia. 
Ma se Communia esiste anche senza un luogo, perchè rioccupare uno stabile privato?

 
Perchè Communia è un'esperienza, e come tale non può essere sgomberata. Ogni esperienza però è situata e ha bisogno di un luogo per esistere e resistere. Ecco perchè è importante riprendersi gli spazi, perchè è attraverso lo spazio che noi riconfiguriamo la nostra memoria, "rimemoriamo l'essere" per dirla con Heidegger. Chiudete gli occhi e pensate ad un luogo caratteristico della vostra vita. Una piazza, una strada, un quartiere...Ora immaginate di creare un vuoto nello spazio. Rimuovete un monumento, un balcone, un palazzo. Adesso provate a tornare indietro, a visualizzare il posto com'èera prima dell'elisione. È difficile. Michel Foucault diceva che la nostra Storia è fatta di buchi e fratture nonstante persista l'istinto di organizzare narrazioni globali e continuative degli eventi. Lo spazio urbano, quello della resistenza al nazifascimo, delle lotte sociali, della nascita e sviluppo della cultura Hip Hop (di cui Communia si è fatta ottima sostenitrice), è l'archivio mutante della nostra memoria storica e culturale. Non c'è bisogno di scrivere sui muri perchè le strade parlano da sole.

C'è questo grande romanzo di J.G. Ballard, Deserto d'Acqua che prefigura un futuro dove l'innalzamento delle temperature, oltre a sommergere le città, genera un effetto di involuzione cognitiva nel cervello umano. L'esperienza e la visione reiterata di ambienti preistorici condiziona a tal punto il cervello umano da farlo regredire alla sua forma di sistema limbico. Un giorno una gang di sciacalli aziona delle gigantesche idrovore ai margini di una città sommersa e nel giro di poche ore le rovine di un antico sito urbano tornano alla luce. [segue piccolo spoil] L'impatto psicologico è sconvolgente e il protagonista del romanzo fa esplodere una diga naturale che riporta la città sott'acqua. Cervello, ambiente e memoria sono legati a doppio filo.

Communia è la macchina del tempo per difende la città dal "deserto d'acqua". Communia racchiude l'idea di far emergere le contraddizioni che albergano (e verbo non fu più calzante) nei quartieri metropolitani. "San Lorenzo non ha bisogno di altri mini-appartamenti di lusso!" - si grida al megafono. Anche senza uno spazio, Communia è padrona del tempo qui a San Lorenzo. Un tempo liquido che si scontra contro quello lineare dei piani regolatori, il tempo degli ordini da eseguire perchè "è il mio lavoro", il tempo della banalizzazione mediatica pur di "stare sul pezzo". Come ricordava Gilles Deleuze in una lezione a Vincennes, comunicare non signifca informare, ma dare ordini. Ecco, a questo "tempo dell'ordine" (l'ordine di sgomberare, di denunciare, di disperdere), Communia ha proposto un tempo del disordine che non significa alzare il polverone, bensì occupare, riflettere, rallentare. Otium vs Negotium

Inoltre, l'idea che tutto è di tutti (Omnia sunt communia), ripresa dal Thomas Muntzer di Q dei Wu Ming, non è un anacronistico motto da compagni. È l'esigenza di compatire (com-păti: patire con, soffrire insieme) i soggetti colpiti da questa crisi, i soggetti nati nella crisi e che nella crisi vedono (ahimè!) un paradigma esistenziale. Ergo: tutto è responsabilità di tutti.

Ci vediamo il 7 settembre.

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